“TIRATURA” O “TIPO” ?


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 Il termine “tiratura” deriva dalla grafica; quelle che seguono sono definizioni tratte da alcune autorevoli pubblicazioni:

 

Dal “Vocabolario della lingua italiana” Devoto-Oli:

In tipografia, l’applicazione della carta bianca sulla composizione preparata e inchiostrata; più com., il numero delle copie di un giornale, di una rivista, di un libro, ecc.: un settimanale a forte tiratura.

 

Dal “Vocabolario della lingua italiana” (Treccani):

(a) Nel linguaggio tipografico, l’operazione di tirare copie a stampa: fare una correzione in corso di tiratura, (b) In tipografia, e in editoria, il numero di copie che si stampano con una stessa composizione o matrice: la prima tiratura è stata di 20.000 copie; o in un determinato periodo di tempo: il romanzo, solo nel primo anno, ha raggiunto la tiratura di 100.000 copie; o in ciascuna edizione: un quotidiano che ha una tiratura di 200.000 copie; giornali, settimanali a forte tiratura; una rivista scientifica di limitata tiratura; analogamente, la tiratura di una serie di francobolli, il numero di copie stampate per una emissione.

 

Da “Il dizionario del grafico” di Giorgio Fioravanti:

(1) Operazione attraverso la quale si stampano più copie di uno stampato, (2) Il numero delle copie stampate.

 

Dal “Manuale di tecniche grafiche” di Fons van der Linden:

Somma delle riproduzioni da una stessa matrice.

 

Dall’ ”Enciclopedia della stampa”, 1969 Società Editrice Internazionale, Torino:

(1) Lavoro continuativo di stampa di tutte le copie previste da un’ordinazione o da un’edizione, dopo completamento di tutte le operazioni d’avviamento della forma, di messa a registro sulla macchina, di controllo delle bozze o prove tirate sulla macchina, (2) Numero complessivo di copie stampate per una data ordinazione o edizione di libri, giornali, periodici, ecc.

 

Dal “Manuale del conoscitore di stampe” di Paolo Bellini:

Insieme degli esemplari ottenuti in una stessa fase di stampa da una matrice. Anticamente le tirature differivano per carta, per stato o per usura della lastra. Non esistendo un limite, si continuava a stampare a seconda della richiesta del mercato: si distinguevano pertanto la tiratura coeva dalla tiratura postuma, successiva alla morte dell’artista. L’incisione moderna prevede invece l’esecuzione di una sola tiratura, cui spesso segue la biffatura della lastra. All’inizio del XX secolo, si è diffusa l’abitudine della numerazione degli esemplari.

 

Come vedete si tratta di definizioni precise ma abbastanza generiche e comunque riferibili alla grafica “pura” che non considera aspetti specifici della filatelia quali dentellatura, gomma, soprastampe o altro.

Ho evidenziato in grassetto alcuni punti interessanti in cui si fa riferimento alla “stessa matrice” o alla “stessa fase di stampa da una matrice”.

Comunque, appurato che per tiratura si intendono anche semplicemente l’operazione di stampa delle copie previste e il numero di copie o esemplari stampati, è interessante, partendo dalla grafica, arrivare alla filatelia.

Il francobollo infatti non è altro che un prodotto della grafica con caratteristiche particolari una delle quali è il fatto di essere un multiplo, dalla stessa matrice, un po’ come certe serigrafie di Andy Wahrol in cui sono riprodotte più immagini dello stesso soggetto, anche se a più colori.

 

In filatelia si è soliti parlare di tipo, termine generico e poco impegnativo che viene usato per identificare, in modo non specializzato e spesso poco chiaro, diversità tra più francobolli appartenenti alla stessa emissione. E’ un termine che, in filatelia, ha strette analogie con “tiratura” con cui viene, nel dubbio, scambiato e confuso.

I fattori che entrano in gioco e possono determinare l’origine di una nuova tiratura, o di un nuovo tipo, sono il “supporto” (carta e filigrana) , il “contorno” (dentellatura), il “recto” (stampa) e il “verso” (gomma) quindi:

1)     l’uso di un supporto con caratteristiche nuove per tipo di carta e/o di filigrana;

2)     l’uso di una dentellatura nuova con passo diverso da quello originale;

3)     l’uso di nuove matrici con caratteristiche diverse da quelle originali;

4)     l’uso di un inchiostro di colore diverso, a volte usato intenzionalmente dal Poligrafico allo scopo di migliorare l’estetica o identificare in altro modo il francobollo;

5)     la presenza al recto di scritte (soprastampe) non presenti nell’originale;

6)     l’uso di una gomma diversa da quella originale;

7)     la presenza al verso del francobollo di scritte non presenti nell’originale.

 

Pertanto con il termine “tiratura” si deve intendere qualsiasi provvista o fornitura in cui sono identificabili varianti dovute a interventi richiesti per vari motivi da parte dell’Ente preposto alla stampa, che possono riguardare indifferentemente il supporto (carta), il contorno (perforatori), il recto (stampa) o il verso (gomma), con la chiara intenzione, pur non dichiarata ufficialmente, di apportare modifiche sensibili, importanti e bene identificabili (fino ad un massimo ingrandimento di 10x), alla versione originale, allo scopo di:

 

a)       migliorare il risultato finale (retino più fine, carta e gomme migliori, ecc.)

b)      adattare l’emissione a nuove esigenze (soprastampe, ecc.),

c)       risolvere eventuali problemi tecnici insorti in corso d’opera

d)      usare mezzi o tecnologie diverse disponibili.

 

La ricerca della successione temporale di tirature è un problema non sempre risolvibile e anzi, a volte, inutile visto che in alcuni casi più tirature sono state prodotte contemporaneamente.

Semmai, e questo è uno degli aspetti più interessanti, territori ed epoca di distribuzione in alcuni casi sono assolutamente tipici.

 

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Entrando più nello specifico, nel caso della carta e della filigrana si può dire che l’uso di un tipo di carta diversa per tipo di filigrana (corona, 3 tipi di ruota, 4 tipi di stelle, ecc.) o per caratteristiche (carta grigia, bianca, pergamino, ecc.) identifica senz’altro tirature diverse. Per quanto riguarda le posizioni di filigrana il discorso si fa un po’ più complesso perché in effetti è difficile pensare che l’IPZS abbia deciso di cambiare volontariamente il verso di introduzione della bobina di carta, o l’orientamento del foglio singolo in calcografia anche se va ricordato che la scelta del verso da stampare dipende dal lato in cui è stata impressa la filigrana. E’ anche vero però che le posizioni di filigrana spesso si associano ad altre caratteristiche riguardanti la stampa e/o la dentellatura con ciò caratterizzando ulteriormente una variante già di per sé interessante. Gli esempi in proposito sono importanti; fra i casi più significativi: il 100 lire Pacchi Postali D 65, il 100 lire Italia al Lavoro 12 ¼ x 13 ¼ , il 100 lire Siracusana 13 ¼ x 14 tutti con un colore particolare.

 

Caratteristiche riguardanti la matrice, se nella sua interezza, identificano senz’altro tirature differenti, e a questo riguardo ricordo la Biennale del ’49 (le due tirature dei valori da 5 e 20 lire), le tre tirature del 25 lire Leonardo e le due dell’80 lire della stessa serie, ma anche i due cilindri per il Pinocchio del 1954, per l’Unione all’Italia “del 1966, e dello stesso anno i “Donatello” e “Giotto”.

 

Riguardo alle dentellature numerosi sono gli esempi a cominciare dal 100 lire Democratica e dagli altri calcografici (100 e 200 lire Italia al lavoro, 100 e 200 Siracusana, 1000 lire Campidoglio, ecc.).

 

Le gomme rappresentano un capitolo importante e non facile da trattare, eventi fisici, particolari condizioni nelle quali vengono conservati i francobolli ancor più della carta, anch’essa peraltro molto sensibile, possono alterarne l’aspetto. Molti sono gli esempi di francobolli del Regno come pure della nostra prima repubblica che presentano caratteristiche che non sempre sono ricollegabili a particolari tirature. Fra gli esempi sicuri: le almeno 4 tirature dell’ONU del’56, le gomme della Democratica (negli estremi “guerra” e “bianca”), nel Regno la “craquelet” ed altre con caratteristiche evidenti tali da identificare differenti momenti e quindi tirature.